HidaHida Chair nasce dall’incontro tra due mondi solo apparentemente lontani: l’essenzialità scandinava e la delicatezza giapponese. È infatti il risultato della collaborazione tra l’architetto Kengo Kuma e il brand svedese Gärsnäs. Il nome richiama il verbo giapponese hida, che significa drappeggiare: non a caso, il tessuto che avvolge la seduta cade come una giacca appoggiata con cura, in un gioco di volumi che sembra più couture che arredo.
La sedia prende forma da un’intuizione domestica. Kuma, da tempo estimatore del lavoro di Åke Axelsson, maestro del mobile svedese e anima di Gärsnäs, parte da un tavolo che possiede da dieci anni per dare avvio a questo dialogo. È la leggerezza il filo conduttore: quella fisica del legno curvato a vapore e quella visiva del tessuto in feltro riciclato.
A definire la HidaHida è appunto il suo drappeggio che non è decorazione, ma concetto. La curvatura in legno sostiene e abbraccia, mentre il tessuto fluisce come un prolungamento del corpo umano e ne asseconda i contorni. Il dettaglio della “gonna” posteriore, che sfiora il pavimento, dona movimento ulteriore.
È una seduta che unisce falegnameria tradizionale e sperimentazione tessile, con una sensibilità formale che cera un senso di profonda intimità. In un’epoca in cui il design rischia spesso di alzare la voce, qui si sceglie il sussurro.
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